Il 28 febbraio 2013 ore 20 si è chiuso il papato de Benedetto XVI alla chiusura della porta della residenza di Castel Gandolfo. Questo è stato simboleggiato anche dal passaggio in consegna dello stesso dalle guardie svizzere alla gendarmeria vaticana. Molti giornali hanno descritto con minuzie di particolari l'evento e sullo stesso si sono consumate anche dirette televisive. Voglio proporre un'altra lettura senza cercare le motivazioni che lo hanno portato alle dimissioni, ma sul significato delle stesse e sulla portata delle stesse.
La fallibilità del Papa. Le parole pronunciate da Benedetto XVI, anche questa sua ultima occasione da Papa, sono state tese all'umiltà. Una parola che ricorre spesso in questa giornata è il tornare pellegrino un testimone della fede come lo furono quelli sulla via di Emmaus. Non è scontata tale immagine che vuole essere un segnale per se stesso e per la Chiesa, in quanto gioca sul fatto del potere non in quanto tale ma come servizio. Un servizio a Cristo ed hai cristiani che lui continuerà nel limite delle sue forze. Delle forze che non gli consentono di continuare il Papato ma bensì di rimanere figlio di Dio e discepolo. Un discepolo che riconoscere sia le gioie, dolori e anche errori che ha compiuto. Si riconosce in modo ancora più esplicito la fallibilità del Papa. Un Papa che prima di esser Papa è pellegrino e uomo.
Una chiesa che continua. Altro punto cardine toccato è la Chiesa che continua e citando delle espressioni di Romano Guardini per dare l'idea di una chiesa viva che sebbene perde il suo massimo esponente non è in balia del vento, ma è comunque guidata da Cristo. Ecco le parole: "La Chiesa non è un’istituzione escogitata e costruita a tavolino..., ma una realtà vivente... Essa vive lungo il corso del tempo, in divenire, come ogni essere vivente, trasformandosi... Eppure nella sua natura rimane sempre la stessa, e il suo cuore è Cristo".
Quest'espressione è importante perchè rompe totalmente con una chiesa basata sulle sole tradizioni, ma deve guardare al mondo. Un mondo che cambia e che pone sempre sfide ad una Chiesa vivente, la quale pur rimanendo se stessa nei valori sapendo però che con essi si deve dar risposta alle sfide del mondo. Un gravoso compito che il prossimo papa avrà sia per questioni interne alla chiesa che esterne.
Altra espressione forte sempre ripresa da Guardini "La Chiesa si risveglia nelle anime". Ecco le anime dei suoi fedeli e degli ecclesiastici al centro di una chiesa che deve rimanere vigile. La cura delle anime è ciò che risveglia la chiesa e non i giochi di potere che una burocrazia anche vaticana mette in campo. Solo Dio può indicare a noi la Via.
Le motivazioni dell'abbandono. Le motivazioni per un abbandono sia interne che esterne possono essere numerose, ma forse la prima è il riconoscimento dei propri limiti. Dei limiti anche fisici che non potevano secondo Ratzinger non esser visti e che sopratutto non potevano portarlo a servire la chiesa nel cambiamento sia per rispondere a sfide interne sia esterne. Una via quella dell'abbandono meditata che sicuramente Dio gli ha illuminato sul suo cammino. Un cammino il suo prima di uomo e pellegrino che si accinge a percorrere l'ultimo pezzo della sua vita. Una vita quella di Ratzinger su cui si spengono i riflettori, ma che denota con anche i suoi ultimi gesti un servizio e una dedizione in ciò che crede che deve esser esempio anche per noi.
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