Leggendo la lettera di Renzo Gubert del 7 gennaio 2013 sull'Adige e non posso condividerla.
Sia l'uomo che la donna possono volersi realizzare fuori della famiglia. Lavorare non è solo una questione di soldi, ma sopratutto se si trova un lavoro attinente a ciò che si ha studiato o si sogna di fare diventa una questione di realizzazione. Fermarsi all'idea di lavoro solo per ottenere una busta paga (importante) è un idea fordista che con i nuovi lavori è sempre meno giustificabile. Contribuire al successo della propria impresa anche con un lavoro umile può esser gratificante.
Prevedere politiche sociali adeguate di redistribuzione dei redditi e di sostegno della famiglia è ottimo, ma la priorità è prevedere servizi pubblici adeguati ed efficienti per dare la possibilità a tutti di lavorare.
Esistono sia maschi sia donne preparati che devono potersi realizzare e non è bloccando il lavoro femminile che ciò succederà. Serve mettere in agenda la soluzione di emergenza meritocratica nella quale spesso la meritocrazia è messa in secondo piano. Con servizi adeguati non servirebbero incentivi all'assunzione.
Non si può dare la colpa alle donne della disoccupazione, ma bisogna passare da una politica passiva ad una attiva in materia di lavoro. Bisogna riqualificare le persone e creare un ambiente ove le aziende possano esser competitive creando opportunità per tutti.
La cura dei figli è sempre stata delegata alla donna e tale condizione ha origini antiche, ma i figli sono una questione di coppia. Entrambe le parti della coppia devono esser coinvolte nella responsabilità di cura e educazione dei figli e in parte ciò avviene, ma bisogna fare di più. Non si può giustificare guardando al passato posizioni anacronistiche che non rendono giustizia alle conquiste femmininili.
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